Chernobyl: la storia del disastro dalle origini alla guerra in Ucraina
Tutti ricordiamo la parola “Chernobyl“. C’è chi ha sentito l’annuncio alla radio, chi ha seguito la Chernobyl serie trasmessa per HBO e chi lo ha letto nei libri di storia.
Il disastro di Chernobyl del 26 aprile 1986 – l’esplosione del famoso reattore numero 4 – rimane uno degli eventi più significativi nella storia dell’energia nucleare. Oltre alle immediate conseguenze ambientali e sanitarie, l’incidente ha avuto ripercussioni durature che si estendono fino ai giorni nostri, influenzando politiche energetiche e dinamiche geopolitiche.
Ma cosa è realmente accaduto quel 26 aprile del 1986?
In questo articolo affronteremo un viaggio che parte dal disastro nucleare, fino ad arrivare alla guerra in Ucraina e alle paure che i massimi esperti hanno per le conseguenze che quest’ultima potrebbe provocare a causa dell’insediamento del sito radioattivo.
Come funziona una centrale nucleare?
Prima di parlare del disastro di Chernobyl è opportuno capire brevemente come funziona una centrale nucleare e quali sono i pro e i contro della produzione di questo tipo di energia.
Una centrale nucleare è un impianto industriale progettato per produrre energia elettrica sfruttando il calore generato dalle reazioni di fissione nucleare. Il principio fondamentale è la scissione dei nuclei di atomi pesanti, come l’uranio-235, che libera una quantità significativa di energia termica.
Un impianto di questo tipo riesce a convertire l’energia cinetica che deriva dalla rottura di un nucleo di elementi pesanti, come l’uranio, in energia termica, che trasforma l’acqua immessa nel contenitore in vapore ad alta pressione.
Quest’ultimo permette di attivare la turbina che fa funzionare l’alternatore, che a sua volta produce energia elettrica. La produzione di questo tipo di energia non determina l’emissione di gas nocivi per l’uomo e per produrla non servono costi alti.
Esistono però dei rischi da non sottovalutare come ad esempio l’elevato livello di radioattività e la generazione delle famose scorie radioattive durante il processo produttivo, che sono difficili da smaltire e hanno bisogno di siti stabili e protetti per evitare il rischio di radiazioni.
Specificità della centrale nucleare di Chernobyl
La centrale nucleare di Chernobyl, situata vicino alla città di Pripyat in Ucraina, utilizzava reattori del tipo RBMK-1000 (Reaktor Bolšoj Moščnosti Kanalnyj), una tipologia sviluppata in Unione Sovietica. Questi reattori presentavano alcune peculiarità:
- Moderatore in Grafite e Refrigerante in Acqua Leggera
A differenza di molti reattori occidentali che utilizzano acqua sia come moderatore che come refrigerante, i reattori RBMK impiegavano grafite come moderatore e acqua leggera come refrigerante. Questa combinazione contribuiva a un coefficiente di vuoto positivo, significando che un aumento della formazione di bolle di vapore nell’acqua refrigerante poteva accelerare la reazione di fissione anziché rallentarla, rendendo il reattore instabile a basse potenze. - Barre di Controllo con Punte in Grafite
Le barre di controllo, utilizzate per regolare la reazione nucleare, avevano estremità in grafite. Durante l’inserimento iniziale, queste punte potevano temporaneamente aumentare la reattività del reattore prima che la parte assorbente delle barre (in boro) entrasse completamente nel nocciolo, causando un incremento momentaneo della potenza. - Assenza di edificio di contenimento
Rispetto a molte centrali occidentali, la centrale di Chernobyl non disponeva di un robusto edificio di contenimento in cemento armato attorno al reattore, il che aumentava il rischio di dispersione di materiale radioattivo in caso di incidente.
Queste caratteristiche, unite a procedure operative inadeguate e a errori umani, contribuirono al disastro del 26 aprile 1986, quando il reattore numero 4 esplose durante un test di sicurezza mal gestito, rilasciando una grande quantità di materiale radioattivo nell’ambiente.
Disastro nucleare di Chernobyl: cosa è accaduto?
La centrale nucleare “Lenin” di Chernobyl fu costruita nel 1970 nel comune di “Pripyat” nell’odierna Ucraina, a circa 100 Km da Kiev, ed era composta da quattro reattori di tipo sovietico RBMK, l’acronimo russo di “reattore di grande potenza a canali“.
La centrale sovietica utilizzava l’acqua per poter generare vapore derivante dal calore delle reazioni, creando così energia elettrica mediante la rotazione di una turbina. Vi erano poi delle barre metalliche per tenere sotto controllo ed eventualmente interrompere una reazione.
Queste barre, chiamate per l’appunto “di controllo”, erano in boro, ma per questioni economiche avevano la punta di grafite.
Perché è esploso il reattore di Chernobyl?
Le lancette segnavano le ore 01:23 del 26 aprile 1986 quando fallì un test di sicurezza del reattore numero 4 della centrale nucleare di Lenin. Gli addetti ai lavori si accorsero che dopo un improvviso blackout i generatori di emergenza impiegavano un minuto per attivarsi.
Durante quel periodo di tempo si sarebbe creato un elevato tasso di calore difficile da tenere sotto controllo, in quanto i generatori non si attivavano per il raffreddamento andando incontro ad un rischio molto grande.
Per poter compensare il tempo di attivazione, gli scienziati decisero di sperimentare utilizzando una parte residua delle turbine. Gli operatori della centrale disattivarono così il sistema di raffreddamento di emergenza del nocciolo, ovvero la parte di reattore dove tecnicamente avviene la reazione, ciò avrebbe permesso di capire se fosse stato possibile utilizzare la spinta delle turbine senza che subentrasse il generatore.
La situazione precipitò nel momento in cui una persona, ancora oggi sconosciuta, decise di interrompere l’esperimento dopo 40 secondi e questo provocò una reazione contraria. Nell’acqua di raffreddamento del reattore scesero solo 18 barre delle 211 totali a disposizione. Il boro da cui erano costituite le barre di controllo avrebbe dovuto rallentare la reazione, ma a causa della grafite la fece accelerare.
Questo incidente scatenò una reazione talmente potente da spezzare le barre ed il reattore iniziò a produrre così tanto vapore da non essere in grado di scaricarlo, di conseguenza le reazioni di fissione sommandosi portarono la pressione a distruggere i condotti del carburante, generando un’esplosione.
L’incidente rilasciò nell’atmosfera una quantità significativa di materiale radioattivo, classificandosi al livello 7 della scala INES, il massimo grado di gravità per incidenti nucleari.
Le immediate conseguenze furono devastanti: evacuazione di oltre 400.000 persone, contaminazione estesa di vaste aree in Ucraina, Bielorussia e Russia, e un aumento significativo di malattie legate alle radiazioni, come il cancro alla tiroide.
Centrale di Lenin: dall’esplosione alle gravi conseguenze ambientali
L’esplosione della centrale di Chenobyl, avvenuta a causa dei gas, proiettò in aria un coperchio di acciaio e cemento che ricadde sull’apertura lasciando il recipiente scoperchiato.
Seguì una seconda e violenta esplosione generata dall’ignizione dell’idrogeno e dalla polvere di grafite espulsi dal reattore che distrusse l’edificio. Un brutto incendio della grafite contenuta nel nocciolo si disperse nell’atmosfera e coinvolse tutte le strutture adiacenti.
Dal Chernobyl reattore 4 fuoriuscì una nuvola di materiale radioattivo che contaminò drasticamente le aree intorno alla centrale. A farne le spese oltre a migliaia di sfollati, furono anche piante e ortaggi che vennero contaminate per centinaia di chilometri.
I Vigili del Fuoco riuscirono a domare l’incendio, ma non riuscirono a spegnere il nocciolo e a interrompere completamente l’emissione radioattiva.
Nei giorni successivi le autorità competenti mediante elicotteri militari coprirono il nocciolo con sabbia e boro e fu ordinata l’evacuazione di circa 336.000 abitanti. In pochissimi giorni le nubi radioattive raggiunsero l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia.
Tutto ciò provocò un allarme generale e polemiche nei confronti dei dirigenti sovietici.
Il più grande incidente nucleare della storia ha causato 65 morti accertate, ma si stima che siano moltissime in più come riportato nel rapporto del Chernobyl Forum redatto da agenzie dell’ONU. Ancora oggi, purtroppo, per colpa di un errore umano, in quei territori le persone continuano ad ammalarsi di cancro e leucemie a causa delle radiazioni.
La zona di esclusione: trasformazioni e biodiversità
La Zona di Esclusione di Chernobyl, istituita dopo il disastro nucleare del 1986, ha subito trasformazioni significative nel corso degli anni, diventando un caso di studio unico per ecologisti e biologi.
L’assenza prolungata dell’attività umana ha permesso alla natura di riconquistare l’area, portando a un incremento sorprendente della biodiversità.
Inizialmente, l’area fu teatro di gravi danni ambientali.
Una porzione di circa 4 km² di foresta di pini, situata sottovento rispetto al reattore esploso, morì a causa delle elevate dosi di radiazioni, assumendo una tonalità rossastra e venendo successivamente denominata “Foresta Rossa”. Anche molte specie animali subirono effetti negativi immediati, con una riduzione delle popolazioni e anomalie genetiche.
Tuttavia, con il passare del tempo e la diminuzione dei livelli di radiazione, la zona ha assistito a un ritorno e a una proliferazione di numerose specie animali. Studi condotti nella zona hanno rilevato la presenza di grandi mammiferi come alci, cinghiali, cervi e lupi, con popolazioni paragonabili a quelle di riserve naturali non contaminate. Inoltre, specie rare e in via di estinzione, come il cavallo di Przewalski, sono state reintrodotte con successo nell’area.
La flora ha mostrato una persistenza notevole, con molte piante che hanno sviluppato meccanismi di adattamento alle condizioni radioattive.
Ad esempio, alcune specie hanno aumentato l’attività dei loro sistemi di riparazione del DNA e modificato i modelli di metilazione per proteggersi dai danni genetici.
Nonostante questi segnali positivi, la comunità scientifica rimane divisa sugli effetti a lungo termine delle radiazioni sulla biodiversità. Alcuni studi evidenziano un aumento delle anomalie genetiche e una riduzione della fertilità in determinate specie, mentre altri sottolineano la capacità di adattamento e la crescita delle popolazioni animali.
In sintesi, la Zona di Esclusione di Chernobyl rappresenta un esempio emblematico della capacità della natura di adattarsi e prosperare anche in condizioni estreme, offrendo spunti preziosi per comprendere la resilienza degli ecosistemi di fronte alle attività umane e ai disastri ambientali.
Chenobyl oggi
Attualmente Chernobyl è una città fantasma. Attorno al reattore è stata creata una vera e propria zona di esclusione che si estende per un raggio di 30 Km. Nel corso di questi trentasei anni la natura si è ripresa ciò che l’uomo ha distrutto tornando a rifiorire rigogliosa più che mai, ma in questi ultimi giorni la famosa centrale nucleare è tornata sotto i riflettori per un’altra motivazione: lo scoppio della guerra in Ucraina.
Il 24 febbraio 2022, durante l’invasione russa dell’Ucraina, le forze russe hanno occupato la centrale di Chernobyl e la zona circostante. L’occupazione, durata fino al 31 marzo 2022, ha sollevato preoccupazioni internazionali riguardo alla sicurezza nucleare soprattutto in relazione ai danni alla rete elettrica e la conseguente perdita di elettricità, necessaria per il raffreddamento dell’impianto di stoccaggio del materiale radioattivo.
Per fortuna l’AIEA non ha riscontrato grossi problemi a causa della mancanza di corrente elettrica, l’unico vero rischio potrebbe essere un conflitto proprio nell’area proibita che potrebbe danneggiare il sarcofago o gli stoccaggi nelle piscine.
Conclusione
Il disastro di Chernobyl rappresenta un monito indelebile sulle potenziali conseguenze di una gestione inadeguata dell’energia nucleare. Le sue ripercussioni continuano a manifestarsi sia a livello ambientale che geopolitico.
A livello ambientale, la contaminazione del suolo e delle risorse naturali ha avuto effetti duraturi, con conseguenze che si protraggono ancora oggi.
Sul piano geopolitico, l’incidente ha innescato un dibattito globale sulla sicurezza nucleare, portando a riforme significative e influenzando le politiche energetiche di numerosi paesi.
Comprendere la storia e l’evoluzione di Chernobyl è fondamentale per trarre lezioni preziose, al fine di garantire una gestione responsabile e sicura delle tecnologie nucleari nel futuro.